venerdì 26 luglio 2013

Edificio 17A - Cose che ricordo del passato 36





Paolo, Gianfranco ed io eravamo stati emarginati in via De Castillia. Per me e Paolo una punizione per allontanarci e isolarci dalla Comunità. Viste le nostre idee non in linea con tutto il gruppo. Eravamo già da molti mesi al lavoro come obiettori al servizio militare con don Gino. L'allontanamento non ci scoraggiò. Iniziammo coinvolgendo alcuni ragazzi della Comunità. Cercando di insegnare loro quello che noi avevamo imparato da poco. Facevamo lavori in pelle. Fermacapelli, cinture, borse e altre cento cose. Poi si cercava di venderle. Paolo aveva molta creatività. Inventava modelli nuovi e poi ce li proponeva. Per rifarli.
Alla fine del servizio civile, a Paolo rimase una valigia fatta da lui. Sembrava una di quelle borse da viaggio usata spesso nei film western. A me rimase un borsello molto semplice e un paio di cinture per i pantaloni. Il tutto usato per diversi anni. Piccoli e unici souvenir.


Veniva quasi tutti i giorni in negozio. Prendevamo il caffè insieme. Lui mi confidava i suoi problemi con la moglie. E anche altro. Un omone con un animo gentile. In cerca di affetto. Torturato dalla sua fede cattolica. Avrebbe lasciato la moglie, ma per la sua fede il matrimonio era indissolubile. Quindi rifiutava di potersi rifare una vita, magari meno infelice. Un giorno mi confido che visto che con la moglie non faceva sesso da mesi, era stato con una prostituta. E si era beccato le piattole. Timidissimo, mi chiese se potevo comprargli il Mom in farmacia. Lui si vergognava. Non solo, ma volle che fossi io a passargli la polvere. Lo portai a casa mia. Lo feci spogliare completamente. Misi sotto i suoi piedi dei giornali per evitare di sporcare e lo cosparsi di Mom. Sì, lui mi piaceva e dovetti trattenermi dal fargli delle avances. Mi accontentai, per “rispetto” di accarezzarlo con la scusa di spargere meglio l'antipiattole. Lui appariva inerme come un bambino. E mi lasciava fare. La storia si ripeté fino alla completa scomparsa delle piattole. Con me, che pur toccandolo dappertutto mi trattenevo dall'andare oltre.
A distanza di molti mesi mi confessò che sì, si aspettava che io andassi oltre. Che sì, avrebbe gradito la cosa.
Ma vaffanculo.



Facevamo entrambi parte del Partito Radicale. Era la fine degli anni settanta, si raccoglievano le firme. Non ricordo esattamente per quali referendum. Periodicamente proponevamo una raccolta di firme. Al tavolino per la raccolta posto sotto i portici di via Ruggero Settimo eravamo in parecchi. Lina mi propose di andare con lei. Non sapevo la destinazione né lei mi disse nulla a riguardo. Comprò dei fiori, rose rosse. Alla fine, arrivati davanti a una chiesa, mi invita ad entrare. Pensavo scherzasse o volesse mostrarmi qualcosa di particolare. Invece no. Quel giorno era dedicato a Santa Rita. La santa dei miracoli impossibili. Lei era lì per partecipare alla messa. E farsi benedire le rose che poi avrebbe appeso a testa in giù per farle seccare. Alla fine le avrebbe riposte in un cassetto. Lei uscì dalla chiesa felice, io pensavo a come certe tradizioni tribali venivano tramandate.



Ho un amico carissimo. Lo ammiro e rispetto qualsiasi cosa faccia. Perché ho fiducia in lui. Non è perfetto. Forse rappresenta il caos e la libertà coniugati insieme. Capace ad una cena in una trattoria con amici di uscire per fumare una sigaretta e sparire. E tutti i commensali guardandosi negli occhi, senza parlare, decidono di dividersi la sua quota. Tempo fa abitava in una casa occupata. Definirla casa è una parola grossa. Un posto dove viveva, suona meglio. In alcune stanze mancava il tetto, e si vedeva il cielo. Il posto era pieno di vasi di ogni genere. Da quelli di terracotta alle bagnine di plastica. Vi coltivava canapa. L'odore si sentiva ovunque e ti avvolgeva. Il suo piccolo commercio. Le piante erano splendide e pronte al raccolto.
A lui, senza mezzi di trasporto, basta andare in taverna. Lì, fra una bevuta e l'altra, trova qualcuno che lo porta in auto anche dall'altra parte della città.
Insopportabile quando si presenta fatto. Diventa troppo 'mpiccicusu. Ti si attacca addosso come bava, e comincia a chiederti se gli vuoi bene. E parla, parla, parla... senza freno. Con la bocca secca e impastata, ma lui continua. Poi chiede da bere acqua. Oppure vuole offerto un caffè. Nessuno di noi, quando è in questo stato, lo sopporta. Lo trattiamo male, ma lui quasi non sente quello che gli diciamo.
Quando è sobrio diventa una persona disponibile. Pronto a darti una mano per qualsiasi cosa. O ti offre un giummiddu da fumare. Ma non è per questo che parlo così di lui...
Però, se mi leggi, anche se sono qui, non rifiuterei un tuo dono.


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