giovedì 18 luglio 2013

Edificio 17A - Cose che ricordo del passato 35





Lui era vittima di chiara discriminazione. Sessualmente gradiva le persone anziane. Nella cerchia delle nostre amicizie, tutti amanti dei ragazzi giovani e palestrati, era quasi un'offesa avere preferenze diverse. Fortunatamente lui ci rideva su. Anzi, spesso quando facevamo delle passeggiate, lui indicava una persona e diceva:
Miiiì, che bono!”
Schifiu!” Rispondeva puntualmente chi era con lui.
Io cercavo di spiegare che si possono avere gusti alternativi al giovane tutto proporzionato. Che anche da vecchi possiamo trovare nostri estimatori.
Niente da fare. Fra l'altro ogni volta che lui esclamava il suo: “Miii, che bono,” tutti si giravano a guardare a chi era rivolto il complimento. Per pentirsene subito dopo. Tutte le volte.



Bambini chiusi in bagno. Io e la cuginetta che abitava due piani sotto. Lei spesso frequentava casa nostra. Non so come ci siamo ritrovati chiusi noi due in bagno. Lei era già una bambina intraprendente. Ricordo che volle mostrarmela. Si alzò il gonnellina e abbassò le mutandine. E me la svelò. Non capii bene come fosse combinata la storia lì sotto. Di sicuro era strana. Di sicuro non mi piacque. Di sicuro una delle poche che ho visto.



Il film “La caduta degli dei” di Visconti era vietato ai minori di diciotto anni. Era il sessantotto, e io non avevo ancora compiuto i diciassette. Ci andai insieme a un ragazzo di vent'anni che lavorava come cameriere nel mio stesso albergo. A lui chiesero la tessera, e lasciarono passare me senza batter ciglio. Da sempre appaio più grande dell'età che ho. Forse è stato questo che mi ha preparato alla vecchiaia.




Avrò avuto undici anni. La mattina a scuola, di pomeriggio da Mimmo 'u varvieri. Quando mi ritiravo, la sera, spesso passavo davanti un garage di autobus. Una sera notai uno di questi autobus con la porta anteriore aperta. Salii e iniziare a giocare fantasticando di guidarlo. La storia si ripeté per più sere. Per sbaglio una volta accesi i fari. Accorse un guardiano del garage. Io scappai con il cuore in gola e quell'uomo alle mie spalle. Entrai nel portone di casa, salii i gradini a tre a tre. Noi abitavamo al quarto piano. Arrivato davanti la porta di casa non suonai. Mi appoggiai al muro sperando non si sentisse il mio cuore. Quello salì la prima rampa poi rinunciò. Dopo aver sentito chiudere il portone cominciai a rilassarmi. Aspettai un poco prima di suonare. Non volevo apparire troppo sconvolto.

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