venerdì 3 maggio 2013

Edificio 17A – Jalal





Nella mia stessa stanza c'è Jalal. Provenienza: Bangladesh.
Tu sposato?”
No, ho un compagno. Mi capisci?”
Sbarra gli occhi.
Vivete tu e Filippo insieme? No, sposati?”
La legge non ce lo permette.”
Ma credo che non capisca. Parla un italiano stentato e molte parole non le capisce. E' comunque tornato sull'argomento facendomi capire che lo mettevo in confusione.
Dire che Jalal sia servizievole è poco. Vuole rendersi utile per qualsiasi cosa. Mi gira intorno, precedendomi nelle cose che devo prendere. Quando mi metto al computer per scrivere, lui si siede e cerca di attirare la mia attenzione. Inutile mettersi le cuffietta con la musica. Niente, mi interrompe di continuo. Alle volte cerca di sbirciare quello che si vede nello schermo. Una sera stavo andando a fare il solito giro nel tentativo di placare i dolori. Mi chiede dove vado.
“Vado a fare un giro”.
Esco. Mi trovo in lungo corridoio, in un silenzio assoluto. Sento dietro di me dei passi leggermente strascicati. Per un attimo - giuro - ho avuto paura. Mi giro. Era lui che mi seguiva. Mi sento leggermente ossessionato dalla sua costante e servizievole presenza. Mentre scrivo questo post, lui prende il mio pacchetto di fazzolettini. Ci scrive sopra Salbatore, e credo lo abbia scritto anche nella sua lingua. Su ambedue i lati

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