giovedì 9 maggio 2013

Edificio 17A – In bocca al lupo, Jalal


Eravamo arrivati ad un accordo. Lui mi stava lontano quando ero davanti al computer. Per il resto potevamo essere amici. Gli passavo le mie verdure o ci scambiavamo i piatti. Lui, musulmano, naturalmente non mangia maiale. Per diverse sere gli hanno portato lo spezzatino di maiale o fette di prosciutto crudo. Io gli passavo quello che potevo delle mie cose. Adesso facevamo anche passeggiate piacevoli lungo il corridoio. Oggi gli hanno comunicato che essendo migliorato lo dimetteranno presto. Lui è entrato in panico, esattamente come me. La medesima emozione: voglia di restare e paura di tornare a casa. Come gestirsi la terapia? Chi cucina? E se mi sentissi male? Proviamo le stesse emozioni. Ho cercato di spiegargli in cosa consisteva la terapia che gli hanno scritto. Due volte, per essere sicuro che avesse capito. Gli ho parlato della Samot, che fornisce assistenza gratuita. Della possibilità di avere l'esenzione dal ticket sui medicinali. L'ho spinto a fare fagotto per andare via. Era restio a lasciare il suo letto. Alla fine si è deciso a preparare le classiche cose che ci portiamo dietro noi ricoverati. Ha voluto il mio numero di telefono e mi ha lasciato il suo. Fra un po' diventerò il telefono amico degli ex-ricoverati. Abbracci e poi ancora abbracci. Poi un ultimo abbraccio, giusto perché ci siamo incontrati all'uscita. Ciao Jalal.

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