martedì 14 maggio 2013

Edificio 17A -Cose che ricordo del passato 19



La colonia estiva passata con un'identità falsa. Pur di mandarmi per tre mesi in colonia mi ci mandarono con il nome di un altro bambino. Francesco La Mattina. Non solo. In questa colonia, che si trovava a San Vito lo Capo, curavano non so quale malattia degli occhi. Quindi io, che non avevo nessun disturbo, mi dovevo curare lo stesso. Solo così potevo usufruire della colonia. Falsa identità, falsa malattia. La mattina e la sera, tutti in fila indiana per ricevere delle gocce o della pomata negli occhi. Quest'ultima non la sopportavo. Per diversi minuti la vista si appannava. Aprivo e chiudevo le palpebre per cercare di eliminare la pomata. Bei ricordi. Veramente.


Quando Marianna e Valeria erano piccole, la Domenica, portavo loro Il Corriere dei Piccoli. In quel periodo questo settimanale, già in crisi, metteva in ogni numero un gadget. Io portavo la rivista in dono nella speranza di trasmettere loro il piacere della lettura dei fumetti. Ma le due ragazzine erano più interessate al regalino allegato. Spesso nemmeno sfogliavano il corrierino e si catapultavano subito sulla sorpresa della settimana. Non sapevo come comportarmi, quindi continuai a portare il Corriere dei Piccoli anche se credo che non lo lessero mai. Maledicendo certe scelte editoriali senza futuro per la lettura.

Durante il servizio civile ho abitato a Milano, in uno di quei classici appartamenti da ringhiera. In via De Castillia. Trovavo orribile che ci fosse un solo gabinetto alla turca per tutto il piano. Io avevo grosse difficoltà ad utilizzarlo. Schifato riuscivo solo a urinare. Inoltre in casa non c'era modo di lavarsi se non nel lavandino utilizzato per i piatti. Un giorno sì e un giorno no andavo al Diurno vicino la Stazione Centrale. Il diurno era in una galleria sotto il piano stradale. Nella stessa galleria c'era un cinema. Accanto alla cassa c'erano dei cartelli con su scritto “Allontanatevi. Non si accettano reclami”.

L'insegnante di inglese nella base Nato vicino Amsterdam. Ci si frequentava da un paio di mesi.
Quando avevo il giorno libero dal lavoro lo andavo a trovare nel paesino dove abitava. La cena era sempre la stessa. Bistecca enorme con patate fritte e panini sofficissimi. Il tutto era rigorosamente surgelato. Una volta gli dissi se era possibile cambiare menù. Si offese come se avessi sputato sulla bandiera americana 

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